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Beni ambientali. Rilevanza paesaggistica dei volumi interrati (da Lexambiente)

T.A.R. Liguria, Sezione I n. 140 del 11  febbraio 2016
Beni ambientali.Rilevanza paesaggistica dei volumi interrati

Anche i volumi sotterranei sono considerati rilevanti dal punto di vista paesaggistico e, pertanto, possono essere in contrasto con le previsioni intese ad impedire l’alterazione  dello stato dei luoghi attraverso la realizzazione di nuove strutture. La rilevanza paesaggistica di un volume interrato non sussiste qualora esso, per le sue caratteristiche, possa essere qualificato come mero volume tecnico. Proprio in ragione dei caratteri che li contraddistinguono, infatti, tali volumi sono inidonei ad introdurre un impatto sul territorio eccedente la costruzione principale

 

N. 00140/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00647/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 647 del 2013, proposto da:
Laura Carrara, rappresentata e difesa dagli avv. Piera Sommovigo e Matteo Vicini, con domicilio eletto presso l’avv. Piera Sommovigo nel suo studio in Genova, via Malta, 4/14;

contro

Comune della Spezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Carrabba, Marcello Puliga ed Ettore Furia, con domicilio eletto presso la segreteria del T.A.R. Liguria in Genova, via dei Mille, 9;

nei confronti di

Raffaella Aversa, rappresentata e difesa dagli avv. Pier Giorgio Leoni e Rosario Conte, con domicilio eletto presso l’avv. Stefano Bigliazzi nel suo studio in Genova, viale Sauli, 39;

per l’annullamento

del provvedimento di diniego 11/3/2013, prot. n. 22563, comunicato in data 27/3/2013, con il quale è stata respinta l’istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata dalla ricorrente in data 30/10/2012, relativa alla realizzazione di opere in difformità rispetto al progetto approvato con concessione edilizia del Comune della Spezia 3/2/1999, n. 45, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso, in particolare del parere reso dalla Commissione edilizia in data 14/1/2013, con verbale n. 1, e del parere reso dalla Commissione edilizia in data 6/3/2013, con verbale n. 7, con richiesta di risarcimento danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune della Spezia e di Raffaella Aversa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con istanza del 30 ottobre 2012, l’odierna ricorrente aveva chiesto il rilascio del permesso di costruire in sanatoria relativamente ad alcune opere eseguite presso l’immobile  residenziale di proprietà, sito nel Comune della Spezia, in via Marconi 133, in difformità dal  progetto approvato mediante concessione edilizia n. 45 del 3 febbraio 1999.

Dette opere abusive, già accertate all’esito di apposito sopralluogo e sanzionate con precedente ordine di demolizione, avevano determinato:

– la realizzazione di due locali interrati sottostanti il corpo di fabbrica principale,  precisamente un sottoscala e un locale ad uso legnaia/deposito, aventi rispettivamente  superficie di mq 12 e mq 31 circa;

– la traslazione e l’ampliamento del box interrato, la cui superficie è stata incrementata di  mq 16 circa;

– l’installazione di un forno nell’area pertinenziale antistante il piano interrato dell’edificio  residenziale;

– la modifica delle previste sistemazioni esterne, mediante la realizzazione di un muro di  contenimento, di un pianerottolo a sbalzo e di un nuovo scivolo.

L’istanza di sanatoria è stata respinta con provvedimento dirigenziale del 11 marzo 2013, motivato per relationem al parere reso dalla Commissione edilizia nella seduta del 14 gennaio 2013, così formulato: “Contrario in quanto l’intervento ha comportato realizzazioni  i volumi in zona di vincolo paesaggistico e pertanto non sanabile ed inoltre si rileva carenza di distanza dai confini e tra pareti finestrate”.

L’interessata ha impugnato il provvedimento suddetto con ricorso regolarmente notificato il 24 maggio 2013 e depositato il 6 giugno successivo, articolando le censure di legittimità che saranno esaminate in parte motiva.

La ricorrente chiede anche che l’amministrazione sia condannata al risarcimento dei danni cagionati dal provvedimento impugnato.

Si costituivano formalmente in giudizio il Comune della Spezia e la signora Raffaella Aversa, intimata in qualità di presunta autrice dell’esposto da cui avevano preso impulso gli accertamenti dell’amministrazione.

In prossimità della pubblica udienza, le parti resistenti hanno depositato memorie intese a dimostrare l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Ha replicato parte ricorrente con memoria depositata il 7 gennaio 2016.

Il ricorso, quindi, è stato chiamato alla pubblica udienza del 28 gennaio 2016 e, previa trattazione orale, è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO

1) E’ contestata la legittimità del provvedimento con cui il Comune della Spezia ha respinto l’istanza di sanatoria edilizia avente per oggetto le opere in difformità descritte in premessa.

Il provvedimento impugnato fonda su una duplice ragione di diniego:

– sono assolutamente insuscettibili di regolarizzazione gli interventi che, come nel caso di specie, hanno comportato la realizzazione di nuovi volumi in area sottoposta a vincolo paesaggistico;

– non sono state rispettate le distanze dai confini e tra pareti finestrate.

2) Prima di vagliare nel merito le censure di legittimità sollevate dalla ricorrente, è opportuno svolgere alcune precisazioni in diritto e in fatto.

2.1) Il parere contrario della Commissione edilizia comunale, formulato nella seduta del 14 gennaio 2013 e confermato nella successiva seduta del 6 marzo 2013, è un atto tipicamente endoprocedimentale, privo di autonomia funzionale e di efficacia direttamente lesiva degli interessi del privato che, in conseguenza, ha facoltà di comprenderlo nella domanda di annullamento, ma non è onerato ad impugnarlo immediatamente.

Ne deriva l’infondatezza dell’eccezione di irricevibilità o di inammissibilità del ricorso, formulata dalla difesa della controinteressata in relazione all’impugnativa del parere suddetto.

2.2) Contrariamente a quanto sostiene la parte ricorrente, non esiste rapporto di identità tra le opere che formano oggetto dell’avversato diniego di sanatoria e quelle contemplate da una seconda e distinta istanza di accertamento di conformità, assentita con permesso di costruire del 24 febbraio 2015.

Quest’ultima istanza aveva per oggetto altre opere in difformità dalla concessione edilizia rilasciata per l’edificazione dello stabile residenziale della ricorrente (costruzione di una scala e di uno scivolo, di una cisterna per la raccolta delle acque piovane, rotazione del corpo di fabbrica principale), del tutto diverse da quelle indicate nella domanda di sanatoria che è stata respinta con il provvedimento qui impugnato.

Il presente ricorso, pertanto, non è divenuto neppure in parte improcedibile.

2.3) Le opere abusivamente realizzate dalla ricorrente non paiono legate da rapporti di reciproca funzionalità o interazioni di altra natura.

In mancanza di un disegno unitario, tale da consentire una valutazione globale delle opere suddette, il contenuto del provvedimento impugnato è scindibile in relazione ai singoli abusi ed eventualmente suscettibile di caducazione solo parziale.

3) Tanto precisato, può procedersi alla disamina del primo motivo di ricorso, con cui l’esponente denuncia, sotto diversi profili, la carenza del supporto motivazionale nonché l’illogicità del provvedimento impugnato.

Per comodità espositiva, saranno scrutinati per primi i profili di censura che, ad avviso del Collegio, sono privi di giuridico fondamento.

3.1) Non vi è ragione, in primo luogo, per ritenere che la tecnica della motivazione perrelationem, adottata nella fattispecie,non fosse idonea a garantire il rispetto dell’obbligo ex art. 3 della legge n. 241 del 1990.

E’ pacifico, infatti, che l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi può essere assolto anche mediante rinvio ad altri atti del procedimento, purché di tali atti siano indicati gli estremi nel provvedimento finale ed essi siano resi disponibili per l’interessato.

Nel caso di specie, sono stati puntualmente indicati gli estremi del parere della Commissione edilizia richiamato in funzione motivazionale che, comunque, è stato integralmente trascritto nel provvedimento finale.

3.2) In linea di principio, il provvedimento di diniego di sanatoria edilizia deve essere motivato mediante puntuale indicazione delle norme applicate, ossia delle previsioni legislative o regolamentari che rendono l’opera abusiva insuscettibile di regolarizzazione.

L’Amministrazione procedente ha completamente omesso tali indicazioni che non si rinvengono neppure nel richiamato parere della Commissione edilizia.

Tuttavia, l’omissione in parola non ha compromesso le prerogative difensive dell’interessata che, come si evince dai contenuti del secondo motivo di ricorso, ha potuto agevolmente ricondurre la fondamentale ragione del diniego di sanatoria al disposto dell’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004.

In relazione alla natura vincolata dell’attività esercitata, pertanto, il dedotto vizio di difetto di motivazione non incide, sotto questo profilo, sulla legittimità del provvedimento impugnato.

3.3) E’ priva di pregio la doglianza che riguarda la mancata esplicitazione delle ragioni di incompatibilità tra le opere oggetto dell’istanza di sanatoria e il vincolo che grava sull’area, non essendo in contestazione la legittimità di un diniego di autorizzazione paesaggistica, bensì di un diniego di sanatoria edilizia che, con riferimento implicito a quanto previsto dell’art. 167 citato, ha escluso in radice la regolarizzabilità dei volumi abusivamente realizzati in assenza dell’autorizzazione suddetta.

3.4) Trattandosi di provvedimenti differenti ed aventi per oggetto opere diverse, è palesemente infondata, oltre che del tutto generica, anche la censura di illogicità riferita al precedente rilascio di un permesso di costruire in variante.

3.5) Appare meritevole di condivisione, invece, il profilo di censura concernente la mancata valutazione delle osservazioni presentate dalla ricorrente in sede endoprocedimentale.

Si rammenta che il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria edilizia ha natura vincolata, cosicché, in applicazione dell’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/90, esso non è annullabile in presenza di violazioni di norme procedimentali, qualora il suo contenuto non sarebbe comunque potuto essere diverso da quello concretamente adottato (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 12 dicembre 2012, n. 6382).

Tuttavia, anche un provvedimento vincolato può essere condizionato dall’apporto del privato, perlomeno laddove il suo contributo partecipativo non si risolva nella mera esposizione di tesi tecnico-giuridiche, bensì contenga l’allegazione di elementi fattuali potenzialmente capaci di dimostrare l’insussistenza dei presupposti previsti dalla legge per l’adozione di una decisione sfavorevole.

Nel caso in esame, la memoria procedimentale datata 6 febbraio 2013 conteneva, tra l’altro, alcune precisazioni di fatto relative all’intervento eseguito sul box il cui ampliamento, secondo la proprietaria, non aveva interessato il lato emergente dal terreno e che, comunque, era stato contornato da “sistemi di inserimento ambientale” atti a garantire il pieno rispetto del vincolo paesaggistico gravante sull’area.

Anche in considerazione della modestia dell’incremento volumetrico realizzato nella fattispecie, non poteva essere aprioristicamente esclusa la capacità di tali circostanze di incidere sul provvedimento finale.

La formulazione di quest’ultimo atto dimostra, invece, che l’amministrazione non si è soffermata sugli aspetti evidenziati dal privato, poiché il parere della Commissione edilizia che ne costituisce la motivazione per relationem reca una formula di stile (“non contengono elementi che possano portare a diversa valutazione dell’intervento”) la quale, nella sua apoditticità, non è idonea a rendere conto dell’effettiva valutazione del contributo partecipativo.

Con riguardo all’intervento che ha determinato la traslazione e l’ampliamento del box, pertanto, l’impugnato diniego di sanatoria è inficiato sotto il dedotto profilo del difetto di motivazione.

3.6) Le opere di sistemazione delle aree pertinenziali esterne all’abitazione della ricorrente (muro di contenimento; nuovo percorso di collegamento tramite la costruzione di un pianerottolo a sbalzo e di un nuovo scivolo) non racchiudono spazi coperti aventi una propria volumetria e, pertanto, non possono essere ricondotte alla ragione di diniego che afferma l’impossibilità di regolarizzare i volumi realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica.

Il motivo ostativo che riguarda la violazione della distanza dai confini e tra pareti finestrate è esplicitato in modo del tutto generico, senza alcuna indicazione relativa alle norme applicate, al confine rispetto al quale sarebbe stato violato il limite minimo di distanza e alla parete finestrata che si porrebbe in posizione frontistante a dette opere.

Ciò a prescindere dalla relazione del responsabile del procedimento i cui contenuti non sono stati richiamati dal provvedimento finale e che, comunque, non è stata resa disponibile all’interessata.

Ne segue, in parte qua, la fondatezza della censura inerente alla carenza di motivazione dell’atto.

3.7) Per tali ragioni, l’impugnato diniego di sanatoria, nelle parti in cui fa riferimento all’intervento sul box e alle opere di sistemazione delle aree esterne, è inficiato sotto il dedotto profilo del difetto di motivazione.

4) Le censure dedotte con il secondo motivo di ricorso sono intese a rimarcare sia i caratteri sostanziali delle opere abusive (tali da renderle, ad avviso della ricorrente, suscettibili di regolarizzazione sotto il profilo paesaggistico ed edilizio) sia, sotto profili diversi da quelli esaminati in precedenza, le pretese carenze motivazionali del provvedimento impugnato.

Sostiene la ricorrente, infatti, che le opere realizzate nel compendio di proprietà, non compromettendo alcun valore paesaggistico, sarebbero qualificabili alla stregua di “abusi minori” che, in quanto tali, possono essere regolarizzati ai sensi dell’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004.

Essa lamenta che, in ogni caso, l’amministrazione ha omesso di valutare l’effettiva incidenza di tali opere sui valori paesaggistici tutelati.

4.1) Per quanto riguarda i locali interrati costruiti al di sotto del fabbricato principale, occorre preliminarmente rammentare che, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, anche i volumi sotterranei sono considerati rilevanti dal punto di vista paesaggistico e, pertanto, possono essere in contrasto con le previsioni intese ad impedire l’alterazione dello stato dei luoghi attraverso la realizzazione di nuove strutture (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 2 settembre 2013, n. 4348).

Altra giurisprudenza ha precisato, però, che la rilevanza paesaggistica di un volume interrato non sussiste qualora esso, per le sue caratteristiche, possa essere qualificato come mero volume tecnico (cfr., fra le ultime, T.A.R. Umbria, sez. I, 26 aprile 2014, n. 356).

Proprio in ragione dei caratteri che li contraddistinguono, infatti, tali volumi sono inidonei ad introdurre un impatto sul territorio eccedente la costruzione principale (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 15 dicembre 2010, n. 27380).

Ciò premesso, gli elementi in atti non consentono di stabilire con certezza se i locali interrati in questione possiedano effettivamente le caratteristiche proprie dei “volumi tecnici”, intesi quali opere prive di autonomia e aventi funzione meramente accessoria-pertinenziale rispetto ai volumi abitabili.

La questione, peraltro, non è stata approfondita dall’amministrazione che, stante l’incompletezza degli elementi riferiti nell’istanza di sanatoria, avrebbe dovuto svolgere più approfonditi accertamenti in ordine alla funzione e alla natura dei locali in questione.

Tanto più che le volumetrie sotterranee abusivamente realizzate dalla ricorrente, pur esistenti nella realtà fisica, non incidono sul carico urbanistico e sono prive di impatto visivo nonché della capacità di incidere significativamente sull’assetto del territorio.

Anche sotto questo profilo, pertanto, la motivazione dell’atto non è idonea ad esplicitare adeguatamente le ragioni del diniego.

4.2) Rimane da vagliare la legittimità del diniego di sanatoria nella parte relativa al forno, avente dimensioni di metri 2,00 x 2,40 e altezza di metri 1,80.

Si tratta di un’opera di ridotto ingombro, non idonea a determinare nuove superfici utili o nuovi volumi, nonché priva di autonoma rilevanza urbanistica, poiché è funzionale all’abitazione principale cui accede ed insiste su una superficie già integralmente pavimentata.

Deve ritenersi, in conseguenza, che la stessa non risulti pregiudizievole per il territorio né idonea ad introdurre un impatto paesaggistico eccedente la costruzione principale (cfr., in analoga fattispecie, T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 25 settembre 2014, n. 1124).

Il manufatto in questione, pertanto, appare riconducibile alla categoria degli “abusi minori” che, pur essendo stati realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, sono suscettibili di regolarizzazione.

5) In conclusione, il provvedimento impugnato è inficiato sotto il profilo del difetto di motivazione nelle parti in cui respinge l’istanza di sanatoria avente per oggetto l’intervento sul box, la costruzione dei due locali interrati e le opere di sistemazione delle aree esterne; il diniego di sanatoria del forno, invece, è illegittimo per violazione dell’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004.

6) La domanda di risarcimento dei danni non può trovare accoglimento in quanto non supportata da alcun elemento a comprova del prospettato pregiudizio economico.

Peraltro, la presente statuizione caducatoria preclude, allo stato, l’adottabilità di misure ripristinatorie che, alterando la configurazione fisica dello stabile della ricorrente, possano comportare un’effettiva diminuzione del suo valore.

7) La soccombenza reciproca giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Respinge la domanda di risarcimento dei danni.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente

Paolo Peruggia, Consigliere

Richard Goso, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/02/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)