RaccontAncona: il PRG del dopoguerra

 

L’8 agosto 1958 Ancona, sotto la guida del sindaco Francesco Angelini, si dotava di un nuovo  Piano Regolatore Generale della città, il primo  dopo la guerra. Non solo: ad esso si affiancava anche un Piano Regolatore Intercomunale, frutto della sinergia con gli altri comuni del territorio.

Ancona è sempre stata all’avanguardia sotto il profilo della programmazione urbanistica: dopo l’Unità d’Italia (1861) fu uno dei primi comuni a dotarsi di un Piano Regolatore. Con il Piano di ampliamento dei Borghi Calamo e Farina inizia un percorso, mai interrotto, di trasformazione della città attraverso lo strumento urbanistico. Una trasformazione attenta ai bisogni della città, che si attiva nei momenti difficili del dopoguerra e dopo i numerosi eventi naturali che hanno colpito la città. Piani, che a volte sono stati capaci di anticipare e prefigurare la città futura con scelte coraggiose e lungimiranti.

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Tornando al 1958, la “Rivista di Ancona” – giornale cartaceo dell’Amministrazione comunale di allora – pubblicò a fine agosto un prezioso articolo che ripercorse le tappe verso il nuovo strumento urbanistico a firma di Franco Balletti e dal titolo “Dal Piano di Ricostruzione al Piano Regolatore Generale”. A 60anni da quella approvazione, riproponiamo il testo dell’articolo integralmente:

“L’8 agosto scorso il Consiglio Comunale ha approvato il piano regolatore generale e da quel giorno, in attesa dell’approvazione del piano stesso da parte dei competenti organi dello Stato entrano in vigore le misure di salvaguardia nei confronti di progetti che contrastassero con le previsioni in esso contenute.
Il Piano Regolatore Generale annulla il Piano di Ricostruzione in vigore dal 1946 e che per legge avrebbe dovuto avere una validità di dieci anni prorogata poi fino al 1960 e poichè il PDR non è stato attuato nella sua totalità, qualcuno si domanderà i motivi per cui è stato redatto ed adottato il Piano Regolatore Generale. Innanzitutto brevemente cercheremo di chiarire lo scopo del piano di ricostruzione. I piani di ricostruzione furono redatti a loro tempo con lo scopo di procedere alla ricostruzione dei quartieri distrutti, ricostruzione che poteva avvenire in loco oppure trasferendo l’ubicazione degli abitanti.


Il Comune di Ancona dimostrò l’impossibilità e l’inopportunità di ricostruire totalmente il Rione del Porto sulle pendici del Guasco e dimostrò altresì l’impossibilità di poter risistemare nei quartieri di San Pietro e Capodimonte le famiglie che da essi si erano allontanate a seguito delle distruzioni e ritenne preferibile utilizzare i vuoti lasciati dalla guerra per aprire nuove strade e realizzare piazze in nuclei addensati ed antigenici.
Così si progetto e si fece approvare un piano di ricostruzione che prevedeva l’ampliamento della città nei seguenti nuovi quartieri: a Nord di Piazza Don Minzoni e di via Montegrappa, a Sud di via Trieste e di via Isonzo nell’area del brefotrofio, a Sud di via Montebello, a Sud della Cittadella tra Piazza Ugo Bassi e la frazione Le Grazie e a Sud delle vie Colombo e Giordano Bruno fino alla frazione di Posatora.
I nuovi quartieri previsti avrebbero dovuto sistemarsi in maniera più decorosa e conforme alle mutate esigenze igieniche, i cittadini di Ancona sfollati e accogliere l’incremento di popolazione che si sarebbe verificato nei 10 anni di prevista validità del piano. Il fatto che tutti i quartieri, ad esclusione di quello ubicato a Sud della Cittadella, abbiano avuto attuazione e che attualmente in essi sia quasi esaurita la disponibilità di suoli edificatori sta a dimostrare che le previsioni dei progettisti del piano di ricostruzione furono fatte con un certo margine di sicurezza.
Perciò la caratteristica essenziale del piano di ricostruzione consisteva nella sistemazione del nucleo urbano per dare ordine alla ricostruzione delle case distrutte e ciò escludeva la possibilità di una pianificazione dell’intero territorio comunale. Per l’attuazione del piano di ricostruzione furono concessi ai comuni strumenti che permettevano una rapida attuazione, con scarse possibilità di opposizione da parte dei privati proprietari.
Il Ministero dei Lavori Pubblici da parte sua approfittò della necessità che avevano parecchi comuni di dotarsi di un piano di ricostruzione per suscitare negli amministratori locali una mentalità urbanistica dal momento che fino ad allora pochissimi comuni e solo i più grandi avevano un piano regolatore generale. Quindi, come brevemente abbiamo accennato poc’anzi, attraverso il piano di ricostruzione nessuna possibilità esisteva per la città di risolvere i problemi economici, di studiare e risolvere le prospettive politico-economiche che il futuro presumibilmente le avrebbe offerto.
Lo strumento urbanistico che pone come base per la sua progettazione lo studio dei dati di fatto e delle prospettive politico-economiche di una città è il Piano Regolatore Generale che prevede un intervento totale su tutto il territorio del comune. Ecco perché si è giunti al Piano Regolatore Generale: Ancona ormai ricostruita ha sentito la necessità di organizzare urbanisticamente il suo territorio di modo che l’azione degli amministratori sia indirizzata alla realizzazione di quelle prospettive di sviluppo economico che sono risultate dallo studio dei tecnici e che si porranno come obbiettivo della città nel prossimo futuro.

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I progettisti dopo accurate indagini estese a tutto il territorio della regione, hanno posto il grado di sviluppo della città in relazione al potenziamento dell’economia sagircola di tutto il territorio marchigiano; ala conseguente organizzazione industriale della avallata dell’Esino e dell’incremento delle attività portuali, dimensionando conseguentemente il piano su un territorio che va oltre i confini amministrativi di Ancona per abbracciare i territori dei comuni che con amcona hanno vita strettamente interdipendente.
Fin dall’epoca del concorso per il Piano regolatore generale è stato posto l’accento sulla intercomunalità: le soluzioni proposte dal piano adottato dimostrano quanto lungimirante fosse stata quella idea.

Dall’altra parte le Amministrazioni comunali di Falconara, Chiaravalle, Camerano, Numana e Sirolo interessate alla necessità di un piano intercomunale hanno di buon grado aderito all’idea e la domanda in tal senso avanzata al Ministero lavori pubblici ha trovato buona accoglienza. Tanto è vero che la redazione del piano regolatore intercomunale è stata autorizzata. Il sistema di strade che dovrà risolvere i problemi della viabilità esterna, la zonizzazione industriale, quella turistica, trovano la loro giustificazione nel piano intercomunale. Il problema della viabilità esterna si presentò ai progettisti con questi dati di fatto:

1) il progetto dell’autostrada Milano-Pescara predisposto dalla Società per l’Autostrada;
2) l’assoluta insufficienza della attuale S.S. 16 “Adriatica” a sopportare un ulteriore incremento di traffico;
3) la necessità di immettere, attraverso rapide e facili strade, il porto e la zona industriale annessa al porto nella rete viaria esterna;
4) esclusione degli abitati di Ancona e Falconara dal traffico di transito.
Come i progettisti l’hanno risolto?
Preso come base il tracciato della Autostrada, i progettisti hanno risolto il percorso della variante alla SS 16 portandolo a monte, riuscendo così ad aggirare gli abitati di Falconara ed Ancona, conservando al solo traffico di collegamento fra Ancona e Falconara ed a quello industriale la SS 16 “Adriatica”, attrezzandola opportunamente (allargamenti soprattutto e prolungandola, dopo l’attraversamento della zona industriale annessa al Porto, fino a Passo di Varano con una galleria posta più in alto rispetto a quella ferroviaria.
Inoltre, per meglio assicurare all’abitato di Falconara l’eliminazione del traffico di transito, i progettisti hanno proposto di sostituire la parte terminale della SS 76 della Val d’Esino, da Chiaravalle in poi, con l’attuale strada provinciale Falconara-Chiaravalle, opportunamente potenziata, che, immettendosi nella SS Adriatica, e nell’Autostrada alle spalle di Falconara, sconsiglierà anche coloro che proverranno dall’interno per recarsi a Nord o a Sud della ridente cittadina, ad attraversarne l’abitato per evitare scomodi prolungamenti di percorso.
Quindi soluzione della viabilità mediante un sistema di tre strade ognuna adibita ad un tipo di traffico.
Nel Piano intercomunale trovano giusta proporzione le previsioni per le zone industriali e per quelle turistiche; infatti, fedeli alle premesse del grado di sviluppo della città, i progettisti hanno previsto nella vallata dell’Esino un massiccio insediamento industriale, riservando alla zona industriale di Passo Varano la funzione di riserva.
La riviera del Conero, con i meravigliosi centri di Portonovo, Sirolo, Numana, costituisce la naturale zona turistica del Piano intercomunale, che si completa con le spiagge di Falconara e Palombina e con gli stabilimenti termali dell’Aspio.
Nell’interno della città il Piano regolatore prevede la organizzazione della viabilità interna che dovrà unire sempre più il centro cittadino con il Piano San Lazzaro e ciò mediante la creazione di un anello che, attraverso la galleria di Santo Stefano già aperta ed il completamento di quella sotto l’Astagno iniziata parecchi anni fa, permetterà un veloce traffico di collegamento tra i quartieri periferici ed il centro direzionale.
Per quanto riguarda la zonizzazione residenziale il Piano regolare prevede il completamento, con una densità edilizia pari alla metà di quella prevista dal Piano di ricostruzione, degli attuali quartieri e di quelli progettati per il CEP, per dare loro una migliore configurazione e per meglio unirli al tessuto della città.
Nelle zone di ampliamento sono state riservate ampie aree per il servizi pubblici con particolare riferimento all’edilizia scolastica.
Questo il Piano regolatore generale di Ancona nelle sue linee essenziali, trascurando, almeno per ora, le premesse economiche, il costo e le possibilità di realizzazione.
Fin da ora si può affermare, però, che l’Amministrazione Comunale, con questo fondamentale atto, al quale hanno collaborato valorosi tecnici locali e tecnici di fama nazionale, ha posto le basi, con larghezza di vedute e con lungimirante programmazione, per un armonico ed integrale sviluppo della nostra città nei prossimi decenni”.
Franco Balletti