RaccontAncona: Collemarino, 16 dicembre 1962. Segni inaugura il quartiere, ecco come sorse-2° puntata
E’ il Sindaco Francesco Angelini, primo cittadino dorico dal 1951 fino al 1964 per tre mandati consecutivi, a salutare, insieme alla cittadinanza, il Presidente della Repubblica Antonio Segni in visita ufficiale il 16 dicembre 1962 ad Ancona per inaugurare il neonato quartiere di Collemarino.
A 60 anni da quell’avvenimento che sancì la nascita del primo quartiere CEP, “Coordinamento di Edilizia Popolare” a livello nazionale proprio in terra marchigiana e a Nord di Ancona, torniamo a raccontare come si sviluppò e il perchè di quel progetto.
Quel 16 dicembre del 1962 vide un evento che aveva il sapore forte della rinascita, sguardo positivo verso il futuro, ancor più marcato dalla presenza di uno dei padri fondatori della Repubblica.
In questa seconda puntata, raccontiamo gli avvenimenti dell’epoca con l’ausilio dell’ingegner Sauro Moglie, urbanista, e raccogliendo la cronaca dalle parole del giornale del Comune di Ancona dell’epoca, diretto da Ermete Grifoni e con le foto originali dell’archivio Urbanistica.
II PARTE
La città e le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale
Ancona aveva subìto 186 massicci bombardamenti; era stata distrutta nei suoi edifici pubblici o privati per oltre il 74%; distrutti circa 27.000 vani di abitazione;
è stato di gran lunga il capoluogo di provincia più danneggiato d’Italia.
Interi quartieri furono letteralmente rasi al suolo e questo mentre le vie di rifornimento, di comunicazione, di trasporto erano interrotte; mentre il porto era reso totalmente inefficiente sia dalle distruzioni sia dai diversi orientamenti di traffici.
La crisi abitativa dopo il conflitto
La guerra lascia dietro di sè il grave problema della carenza di abitazioni. Una questione pressante che diventa anche fatto di cronaca quando un attentato al cinema Metropolitan provoca vittime e feriti. Il racconto dell’ingegner Sauro Moglie.
Per risolvere il problema casa, i primi interventi del Governo videro la luce con la legge 28 febbraio 1949, n. 43; inizialmente il piano prevedeva una durata settennale, ma successivamente venne prorogato di ulteriori sette anni, con decorrenza 1º aprile 1956 e sino al 1963 in base a quanto previsto dalla legge 26 novembre 1955, n. 1148, e fino alla creazione del fondo Gescal. Grande promotore dell’iniziativa fu l’allora Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale Amintore Fanfani, tanto che, successivamente, il piano venne spesso definito “Piano Fanfani”.
Questo il quadro nel quale si innesta la nascita del nuovo quartiere a Nord.
E Ancona risorge anche con l’iniziativa di Collemarino, simbolo di una fattiva collaborazione tra diversi soggetti: il Ministero dei Lavori Pubblici, l’Ina Casa, l’Istituto Autonomo delle Case Popolari, l’Incis e il Comune, uniti nei loro sforzi mediante una convenzione stipulata il 29 Ottobre del 1950 e con la quale avevano dato avvio alla progettazione del primo dei quartieri autonomi con l’obiettivo di risolvere il problema degli alloggi creando zone residenziali autosufficienti, senza gravare sulle città congestionandone il traffico e i servizi.
I NUMERI DELLA NUOVA REALTA’
Il nuovo quartiere di Collemarino nel progetto impegnava un’area di 235.413 metri quadrati, ripartiti tra edifici per abitazioni private,edifici pubblici, piazze, strade, zone verdi, impianti sportivi e servizi sociali oltre alla presenza della chiesa parrocchiale. Realizzate due scuole elementari con 15 aule, due scuole materne con quattro aule, una scuola media con 9 aule ed una palestra e costruiti anche 2 mercati coperti.
All’epoca il complesso ha richiesto una spesa di circa 4 miliardi e mezzo di lire e accolto oltre 5.000 abitanti.
“La fruttuosa e fattiva collaborazione fra gli enti ha consentito un intervento notevole dello Stato e ha trovato l’Amministrazione comunale di Ancona pronta a compiere sforzi massicci ed eccezionali laddove il suo intervento poteva essere più limitato soprattutto in considerazione della situazione disastrosa nella quale si trovava” dice con orgoglio il sindaco Angelini che non dimentica di sottolineare il grande lavoro realizzato dai progettisti, uno staff di architetti e ingegneri guidato dall’architetto Minnucci.
LA PRIMA PIETRA
Ma facciamo un passo indietro: 25 febbraio 1957, il ministro dei Lavori Pubblici Giuseppe Romita dell’epoca da inizio ai lavori di Collemarino: la zona è praticamente un immenso spazio verde che si affaccia sul mare, un’area di campagna costeggiata da alberi e intersecata da stradelli.
È lo stesso Ministro dei Lavori Pubblici, Romita, che spiega in occasione dell’avvio delle opere del Cep che l’idea dei quartieri autonomi era maturata in lui visitando i paesi scandinavi e osservandone i più moderni sviluppi urbanistici, con la sua sensibilità di politico, di tecnico e di ingegnere. L’obiettivo era evitare il fenomeno dell’ allargamento delle città italiane a macchia d’olio, con l’espansione edilizia a cerchi concentrici che inevitabilmente assume, verso la periferia, un aspetto anonimo, privo di autentica vitalità sociale.
DUE ANNI DOPO
Nel gennaio del 1959 è la volta del Ministro per i Lavori Pubblici, Giuseppe Togni, che arriva ad Ancona per controllare lo stato dell’arte dei lavori sul colle che guarda il mare. Sarà lo stesso ministro a scrivere di suo pugno un commento per il giornale dell’Amministrazione comunale commentando quella visita.
“La nuova denominazione di Collemarino conferma le mie impressioni e cioè che il quartiere, per la bellezza dell’ambiente naturale e la soluzione urbanistica trovata, avrebbe senz’altro offerto gradevoli possibilità di vita…
L’incremento demografico, lo sviluppo industriale, le migrazioni interne con la rottura dell’equilibrio nella distribuzione della popolazione, attiva fra campagna e città, hanno determinato con ritmo vertiginoso l’espansione urbanistica per lo più con grave disagio dei ceti più modesti il cui reddito non è tale da consentire l’accesso a case costruite dalla privata iniziativa. Quartieri coordinati – prosegue Togni – sono il primo esperimento in Italia per affrontare questa situazione. Essi sono la manifestazione di una più attuale concezione della politica edilizia. Essi rappresentano il primo decisivo passo verso lo smantellamento delle determinazioni dei ceti sociali, che attraverso la creazione di quartieri tipici per tipiche categorie di cittadini, hanno ostacolato ed ostacolano lo sviluppo di quello spirito di solidarietà umana, di partecipazione alla vita collettiva, di comprensione dei reciproci interessi” conclude Togni.
GLI INVESTIMENTI
La creazione del quartiere è un positivo esempio di collaborazione fra Comune, organi centrali e periferici del Ministero dei Lavori Pubblici ed enti dell’Edilizia Popolare sovvenzionata dallo Stato.
Gli stanziamenti globali nella ripartizione tra i vari organismi
vede una somma complessiva che supera i 3,5 miliardi di lire dell’epoca e che raggiungerà a fine lavori i 4,5 miliardi di lire.
I finanziamenti descritti dal giornale del Comune di Ancona del dicembre 1962
Collemarino nelle foto d’epoca foto aerea Trani panoramica foto Pelosi
IL RUOLO DEL COMUNE
L’impegno del Comune di Ancona, guidato da Sindaco Francesco Angelini, è consistito non soltanto nel reperire le aree occorrenti e nel dotare il nuovo complesso dei servizi di urbanizzazione primaria (quali strade, fogne, acqua, energia elettrica, gas, trasporti pubblici) ma anche nel creare delle strutture capaci di rendere autonomo il quartiere come le scuole elementari, le medie, i mercati, la chiesa, gli uffici pubblici ,campi da gioco per ragazzi e gli impianti sportivi.
La realizzazione di questo programma ha comportato un lavoro preparatorio molto intenso sia per il reperimento delle aree che per l’inquadramento urbanistico, sia nella funzione degli oneri finanziari da parte del Comune oltre che l’impegno per la progettazione.
LA PROGETTAZIONE e LA REALIZZAZIONE
Un’altro aspetto importante è il gran lavoro di progettazione che ha coinvolto moltissimi professionisti. Uno sforzo unanime e condiviso per dare volto e vita ad una nuova realtà anconetana.
I progettisti del quartiere furono:
coordinatore generale architetto Gaetano Minnucci
ed i seguenti gruppi operativi
Gruppo Minnucci con Gaetano Minnucci, Raffaele Boccuni, Giuseppe Cigni, Costantino Forleo, Alberto Spina.
Gruppo Picconi con Vittorio Picconi, Giampaolo Revenant, Mario Tonnini, Angelo Fabbri, Fausto Costanzi, Emanuele Gidoni.
Gruppo Tommassini-Barbarossa con Aldo Tommassini-Barbarossa, Corrado Beer, Vittorio Cohen, Augusto Rossini, Giancarlo Giorgetti, Sauro Amicucci.
Gruppo Panzini con Luigi Panzini, Derno Andreoni, Paola Salmoni, Giorgio Tommasi.
Gruppo Castellazzi Malpeli con Bino Malpeli, Massimo Castellazzi, Pietro Morresi, Renato Bertinelli, Giuseppe Pellizzeri Macrì.
Gruppo Gigli con Guido Gigli, Franco Gigli, Sergio Bonamico, Dante Iannicelli, Camaisi Marcello.
Progettisti fuori gruppo Guido Carreras, Amilcare Piermattei, Pier Luigi Broussi, Ciro Cicconcelli, Alberto Podesti.