“I tre mari”, la mostra
“I tre mari” è il suggestivo titolo della mostra promossa e curata negli spazi della Pinacoteca civica “Podesti” dall’associazione culturale Galleria Papini di Ancona che vede protagonisti tre tra i più affermati del territorio marchigiano: Carlo Cecchi, Leonardo Cemak e Francesco Colonnelli. Il percorso espositivo verrà inaugurato venerdì 18 marzo alle ore 16,30 alla presenza di Paolo Marasca, assessore alla Cultura del Comune di Ancona che ha dato il patrocinio all’evento, già inserito nel progetto cittadino per la candidatura a Capitale della Cultura 2022.
Il titolo “I TRE MARI” rimanda sia alla situazione geografica di Ancona che si estende su un promontorio e quindi circondata dal mare su tre lati, sia alla modalità espressiva degli autori di raffigurare il mare sulla base di tre diverse poetiche artistiche personalizzate. Il mare, fondamentale per il capoluogo, è l’elemento che unisce e incrementa l’incontro con “l’Altro”; é quindi una apertura verso altre civiltà ed orizzonti che porta ad espandere scambi culturali, commerciali e stimola l’accoglienza e la fratellanza.
L’evento si sviluppa presso la Pinacoteca Civica Francesco Podesti che ospita le opere pittoriche di Carlo Cecchi e Leonardo Cemak e l’installazione di Francesco Colonnelli e si estende poi nella città di Ancona con un intervento artistico di Leonardo Cemak su un muro del centro storico.
I tre mari
Carlo Cecchi, Leonardo Cemak e Francesco Colonnelli sono gli artisti di una mostra in cui emergono orizzonti mitici ed estetiche ludico-concettuali della cultura figurativa contemporanea.
I loro mari parlano di una immensa pianura liquida, il Mediterraneo, contraddistinta da elementi di separazione e d’incontro con l’altro. I mari, nella multiformità delle interpretazioni, parlano delle civiltà più diverse, di millenni di scambi, di navigazioni, di commerci, di culture, d’accoglienza, d’ospitalità, di amori, di racconti e di incroci linguistici: una babele in cui Ancona è porto e punto di riferimento. I mari dicono di quotidiani naufragi e di varie tappe che raccontano il cammino dell’uomo in cerca della felicità lungo le avversità del mondo e della vita. È su questi mari che si sofferma anche la pietas degli artisti. Ci immergiamo in queste acque, come in un lavacro, grazie a Carlo Cecchi. Osserviamo le sue onde al sorgere del sole. Con una grande carta dipinta di nero, che ci parla della soglia tra la notte e i bagliori dell’alba, entriamo nel vivo della rassegna. Tra due pinguini disegnati col candore di un gesso bianco, scopriamo quanto lieve sia il gesto creativo. Seguiamo Carlo sul confine dell’ambiguità semantica. Nel dipinto accanto emerge un gigantesco ornitorinco tratteggiato su una carta sulla quale l’artista ha versato un liquido azzurro cobalto. È il disincanto del mare. Un ornitorinco kantiano? Forse! Il suo pensiero procede per immagini con una spontaneità che non è mai ingenuità perché ci fa muovere sul filo sottile di una dimensione esistenziale, tra razionale e illogico, in cui ogni cosa è illuminata da un significato oscuro, nascosto sotto la magica bellezza della pittura. Anche nei nuovi lavori (nelle navi, nei gommoni, nei viaggi di morte) l’autore ne esplora tutte le possibilità, per accogliere il caso e persino l’errore.
Prosegue il racconto dei tre mari, nello sviluppo trino dell’ut pictura poesis, con Leonardo Cemak. L’immaginazione si rivolge al tramonto. Perché il promontorio di Ancona offre la possibilità di contemplare anche il calar del sole. Cemak ci conduce nei suoi inquieti mari: virtuosistica l’elaborazione tecnica. Segno dopo segno, pennellata dopo pennellata egli tratta le sue superfici con una libertà estrema: sbozza e abbozza, fa uso del dripping e dell’acquerello, versa e tampona getti di colore, macchia e accenna. E in questo caos, alla fine, interviene per dare ordine a ciò che è scaturito dal gesto, dagli spazi vuoti intorno agli schizzi, per strutturare i vari elementi, per mettere a fuoco un’immagine d’assoluta bellezza. Anche Cemak sa bene che l’arte si nutre del caso, anche lui conosce i segreti dell’interazione di immaginario popolare e di cultura alta. I suoi litorali in bianco e nero restituiscono la misura antica di una luce che si dirada nel contrappunto tra piano marino, onde bloccate e un cielo cinerino. Affiora il continuo movimento delle acque con la ritmicità delle onde che battono il tempo del mondo come un metronomo.
Con Francesco Colonnelli navighiamo in mare aperto, tra video e pittura. L’artista interagisce con la storicità di Palazzo Bosdari. Ci accoglie una sua grande tela incastonata in un nicchione. Il Mare tuona e canta. Con il Mare io sto. Questo il titolo dell’opera. Ancona si trasforma, così, in punto di contatto col Sud del mondo. La grande tela, su cui si rapprende un blu intenso, è attraversata da funi che vanno a sostenere un vecchio secchio zincato ricolmo di vetri di mare: all’interno un orecchio d’oro. Il mare del nostro terzo artista necessita dell’ascolto e di tanta umanità. Accanto spiccano le tele con le balene dormienti. Hanno i polmoni e non le branchie le balene. Stanno in mare e non vogliono spiaggiarsi o annegare come i migranti trascinati dai flutti impietosi. Impietosi come un’umanità indifferente che, dalla riva, sulla terra, tutto dimentica presto, sorda allo strazio di chi affoga. Ci si abitua anche alla morte, come al ritmo ripetitivo delle onde.
Nel video, installato nella cisterna, forse è proprio quel ritmo che l’orecchio cercava. Il riferimento ai migranti diventa esplicito nel canto di una ghanese. Il mare notturno, nero e senza luci, accenna alla precarietà della vita. Il silenzio assorbe ora ogni pensiero e il video diventa chiave di lettura globale. Al buio una nuova consapevolezza del sé parla di un viaggio parallelo con prospettive interiori in cui l’invisibile e l’indicibile diventano comprensibili.